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Uno Spettacolo di Luce
Nel dicembre 1979 il Teatro Comunale di Firenze incarica Bruno Munari di progettare uno spettacolo di luce per il concerto di Scriabin “Prometeo”, che sarà eseguito nello stesso teatro nel marzo 1980.
Considerando questa richiesta come un progetto di design, Munari chiama a partecipare alla progettazione Davide Mosconi, musicista, e Piero Castiglioni, esperto di illuminotecnica. La partecipazione degli esperti è indispensabile alla riuscita di un progetto.
La prima operazione progettuale consiste nell’ascolto attento della musica di Scriabin e nella lettura dei suoi testi in relazione allo spettacolo di luce.
Nelle intenzioni di Scriabin i suoni e le luci devono provocare simultaneamente nel pubblico una “attenzione divisa” come risulta dalle sue annotazioni che accompagnano la partitura musicale.
La seconda operazione consiste nello stabilire l’orientamento progettuale dello spettacolo di luce in base alle intenzioni di Scriabin, e in base anche alle possibilità attuali di mezzi luminosi di sorgenti di luce.
Si decide anche quello che lo spettacolo di luce NON deve essere; non luci sincronizzate con i suoni perché darebbe l’impressione della discoteca o dei cartoni animati e sarebbe troppo facile, troppo meccanico e freddo.
Ci si orienta su di una linea parallela alla qualità della musica ma su di un piano indipendente in modo che la percezione auditiva e quella visiva si integrino
a vicenda, come voleva Scriabin, e non siano una illustrazione dell’altra.
Definito il problema e orientata la progettazione, si rende necessaria la conoscenza di tutte le sorgenti di luce oggi esistenti. Tra queste si scelgono quelle possibili da usare in un teatro.
Conseguenza di questa scelta è lo studio del corpo bianco riflettente che accoglierà e renderà visibili le luci.
Si decide di progettare una superficie fatta di tante strisce verticali di tela bianca, tenute da un bastone in alto e uno in basso, appese al centro in modo che siano orientabili e distribuite su cinque livelli di profondità nel palcoscenico.
Agli occhi del pubblico questo fondale articolato sembrerà una superficie uniforme senza alcuna «figura» riconoscibile per concentrare l’attenzione sulle luci e non sulle forme del corpo che le accoglie.
Le sorgenti luminose saranno distribuite in basso dietro l’orchestra e il coro, ai lati dietro le quinte, in alto e dietro i teli bianchi.
Secondo la posizione delle luci e l’orientamento dei teli, si potranno avere effetti speciali.
Dopo aver provato e conosciuto ogni tipo di sorgente di luce, viene stabilito un elenco di possibilità combinatorie e di effetti possibili, dalla luce di Wood viola scuro appena percettibile alla luce delle Power Star, normalmente usate per illuminazione stradale.
Effetti particolari si otterranno con piccolissime lampadine (lucciole) e con fili di nichelcromo incandescenti.
Non restava che orchestrare queste luci e, in questo caso, l’intervento di Davide Mosconi è stato determinante. La durata dello spettacolo di luce è stata, ovviamente, la stessa del concerto: venti minuti.
Stabilita la partitura delle luci, disegnato un diagramma di tutti i tempi di accensione e di durata degli effetti luminosi in parallelo alla partitura musicale, il materiale e l’attrezzatura sono stati portati a Firenze dove, al teatro Comunale, si sono sistemate le luci ai posti previsti e, con la collaborazione del tecnico delle luci Guido Baroni, sono cominciate le prove durate qualche giorno.
Lo spettacolo è andato in scena dal 20 marzo al 3 aprile.
Davide Mosconi, Milano, 23 febbraio 1993