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Siamo tutti abituati a osservare strumenti di alta precisione a funzionamento casuale. Questi strumenti sono i barometri, i termometri, e altri strumenti a funzione sensoriale per non dire delle banderuole che, sui tetti delle case, segnalano la direzione dei venti, eccetera. Tutti questi strumenti sono progettati in modo rigoroso ma la loro funzione di informare l’osservatore è puramente casuale.
Davide Mosconi costruisce le sue opere sonore, lasciandosi andare ascoltando solo l’istinto, e inventando al momento quelle leggi e quelle tecniche più adatte alla realizzazione di “Ricostruzioni teoriche di suoni (suoni?) immaginari, mediante frammenti di residui acustici di uso ignoto e di origine incerta”. Esempio: frammenti di vetri (di che forma? di che colore? di che spessore? di che dimensione? di che categoria?) sui quali è applicato un motorino prodotto industrialmente, ma appositamente alterato nelle sue funzioni da un bisogno di spiazzamento dell’origine (se si può dire). Davide altera poi in modo calcolatamente casuale (?) alcune parti dello strumento che emetterà i suoni, e addirittura aggiunge altri elementi che (guarda caso) si trovavano a pochi millimetri di distanza dallo strumento industriale. Nel caso che il tutto non fosse abbastanza casuale, Davide inventa (per caso) alcuni particolari finti meccanici, disposti in modo da ottenere una ottima audizione (per intenderci). Ma di che cosa? Davide assicura che il concerto è del tutto casuale, di una casualità non banale (se così si può dire) ma provocata e non definita in nessun particolare.
Musica al momento (il momento dopo è diversa).
E lo spartito? sparito.
Bruno Munari